giovedì 1 luglio 2010

Mi sono trovato a usare, mio malgrado, paroloni, e al contempo mi sono trovato ad usare, per necessità, parolacce

Copio qui la recensione apparsa sul N.6, Giugno 2010, di Scuolanews, network per la conoscenza, newsletter della Scuola Coop di Montelupo (www.scuolacoop.it).

Francesco Varanini, etnografo, scrittore, consulente, ricostruisce la storia del management, a partire dagli anni trenta del novecento. Il manager, affermatosi come figura sociale in grado di conciliare interessi diversi, finisce negli ultimi decenni per badare soprattutto al proprio interesse e per essere l’ambasciatore di un solo stakeholder all’interno delle aziende: Mr Finance, la finanza nella sua forma derivata e totalitaria. Il manager ha un solo padrone, lontano, esigente, diffuso, tentacolare che si individua nella comunità finanziaria ma anche nel direttore della filiale di banca o nel fondo di investimento. La finanza considera l'impresa fatta di persone come una figurina riconducibile a una metrica schematica, fatta di pochi indici di misura, che sono considerati universalmente significativi. Il ragionamento si sposta sulle conseguenza di un tale status quo, che l’autore auspica condurrà alla fine del management per come lo conosciamo. Come sarà fatta la figura che sostituirà il manager? Il meccanismo riduttivo ma se vogliamo efficace di ricondurre il proprio ruolo all'idea di controllo è saltato di fronte ad emergenze incontrollabili: dalla tragedia delle torri gemelle, al pozzo di petrolio che sprigiona greggio senza avere la ragionevole possibilità di un controllo. All’ideologia del controllo e del programma va sostituita la pratica del progetto. Varanini dipinge varie tipologie di manager, senza nascondere le proprie preferenze e critiche. Il testo passa in rassegna anche le storie italiane dei grandi manager che hanno segnato il destino del Paese: da Alberto Beneduce, a Carlo Feltrinelli, ad Adriano Olivetti, a Natale Capellaro. Un testo caratterizzato da spunti storico-filosofici ma anche da scelte di campo nette. “Mi sono trovato a usare, mio malgrado, paroloni, e al contempo mi sono trovato ad usare, per necessità, parolacce.” anticipa al lettore Varanini nell’Introduzione.

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