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domenica 6 dicembre 2015

Articolo di Claudio Baccarani a proposito di 'Contro il management'

L'articolo di Claudio Baccarani scritto a commento di Contro il management, "Contro il management, per una costruzione comune alla ricerca dell’impresa armonica", è apparso sulla rivista Sinergie, 83/10.
Claudio Baccarani, Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese presso l'Università degli Studi di Verona, commenta acutamente le tesi sostenute nel libro. Per arrivare infine a dire: "dato che leggendo le sue pagine mi sono rifatto un’idea, visto che ci sono la trascrivo evitando categoricamente di tirare in ballo la delicata parola scienza: il Management è l’arte della produzione di fiducia e della costruzione del futuro desiderato nel contesto del governo dell’impresa. Che bello sarebbe poterne discutere".
Trovate qui l'articolo. 

domenica 15 maggio 2011

Il manager che non c'è. Un'intervista di Scuola Coop

Alcuni mesi fa sono stato intervistato dagli amici di Scuola Coop sui temi di Contro il management.
Non dico niente di nuovo, ma forse nel dialogo certe cose vengono alla luce più chiaramente.

È molto facile abituarsi a questo modello -che prevede che chi è uscito da un Master sia la persona adeguata a dirigere le imprese, che prevede che chi ha fatto scuola presso certe società di consulenza è adeguato a dirigere le imprese e anche le banche di tutto il mondo. Ma cosa si impara in queste scuole? In realtà si impara soprattutto l’appartenenza ad una lobby e si impara ad accettare come inevitabile il governo della finanza, questa sorta di ente superiore che detta i vincoli e le regole e gli spazi di azione a chiunque.

Trovate qui l'intervista.

mercoledì 8 dicembre 2010

Contro il management: scheda di sintesi e Introduzione

Una recensione del libro è apparsa lunedì 6 dicembre 2010 sul quotidiano on-line 'Affari Italiani', nella rubrica 'Rigoletto', a firma di Angelo de' Cherubini. Potete leggere qui.
Nessuna parola inutile. Il recensore mi lascia parola. Non posso pretendere di più. Considero presentazioni come questa particolarmente utili per avvicinare al libro lettori.

sabato 20 novembre 2010

Una lettera al giornale

L'intervista sulla Stampa di lunedì 15 novembre 2010 ha motivato una lettera al quotidiano.
L'autore si qualifica comee "dirigente industriale in pensione". Fa sapere di aver letto "con estremo disagio" l'intervista. Parla a nome dei 500 associati biellesi a Federmanager e assicura che nessuno di loro "è un maneggione, sta lontano dalla fabbrica, vive e guarda altrove". Ma anzi, dice, ognuno "è sempre impegnato a portare avanti la sua missione che lo costringe a orari impossibili, con la mente impegnata anche quando torna a casa alla sera, per prevedere e fronteggiare le mosse della concorrenza e non per badare in prima battuta al proprio interesse".
Non ne dubitavo. Ho scritto il libro cercando proprio di portare sulla scena le ragioni di questi meritevoli dirigenti, la cui immagine è oscurata dall'atteggiamento dei manager 'alla moda', 'fatti con lo stampino', asserviti agli interessi della finanza, attenti innanzitutto alla propria carriera.
Non a caso l'autore della lettera non si riconosce nel ruolo del 'manager': preferisco essere chiamato Dirigente industriale. Una categoria che, dice giustamente l'autore della lettera, "chiede rispetto".
Avendo trovato il suo indirizzo su Internet, scrivo all'autore della lettera. Glis crivo una lettera, con busta e francobollo, come si faceva una volta, per ringraziarlo della sua indignazione, che è anche mia.

lunedì 15 novembre 2010

Succubi della finanza i manager in declino

E' apparsa oggi una mia intervista sulla Stampa. L'intervistatore -si firma W.P., ma penso di poter dire che si tratta di Walter Passerini- presenta il libro con queste parole: "Un grido di dolore contro il management, uno straordinario senso di indignazione nei confronti di una figura professionale spesso mitizzata ma oggi in declino, tutta da ricostruire. Francesco Varanini è un indignato speciale, che dopo una vita di lavoro e di alte responsabilità dentro grandi e piccole aziende ora si toglie qualche sassolino dalle scarpe con amore e passione per il suo mestiere".
Potete leggere l'intervista qui.

sabato 30 ottobre 2010

Una denuncia per evitare il peggio

"Ogni denuncia è in fondo una lotta disperata per evitare il peggio", scrive il recensore su IGN, il portale del Gruppo AdnKronos.
Sì, proprio questo intendevo scrivendo questo libro.
Forse questa è una mia cifra. Riscrivere cose che altri hanno già scritto, citare ritualmente fondi, rifarsi alle solite autorità, non serve a nulla. Può servire a qualcosa, invece, scrivere partendo da un proprio punto di vista, da ciò che si sa per personale espeerienza. Può servire scrivere con la speranza di portare alla luce la voce di chi è normalmente escluso dalla comunità dei soliti noti scriventi per professione, scriventi al servizio di chi ha da difendere posizione di potere.
Ai tanti, troppi libri sul management, credo, ha senso aggiungere solo una riflessione aggressiva. Perché la connivenza offre magari comode nicchie nel breve termine, ma è vana si dal punto di vista della costruzione di un futuro personale, sia -più n generale- da un punto di vista politico. L'accettare situazioni che sapppiamo insoddisfacenti non ci porta da nessuna parte. Più utile dire le cose, fin dove si è capaci, con chiarezza e senza peli sulla lingua.
Ridò la parola al recensore: "tra le molte caste, Varanini va a scrutarne una che ancora gode di buona stampa e buona reputazione: il manager". Il manager appare più meritevole di altre screditate fette della casta: il politico di professione è il primo esempio.
Il manager è presentato all'opinione pubblica come colui che salva grandi gruppi industriali, tutela posti di lavoro, incrementa le vendite e l'economia di un paese.
"Un ritratto di merito che Francesco Varanini scardina punto per punto nel suo libro, consegnandoci un ritratto contemporaneo di questi professionisti di aziende e di amministrazioni pubbliche molto disincantato: controllori e controllati, speculatori finanziari, gestori di traffici e conniventi con l'ultima pesante crisi economica. 'Il manager - scrive Varanini - non è chiamato ad ottenere risultati visibili dal punto di vista dell'azienda, il manager è chiamato ad ottenere risultati visibili nelle chiavi di lettura che il mercato finanziario sceglie per il proprio interesse e impone al mondo. Il manager è chiamato a soddisfare aspettative esterne, disegni nati altrove'".

mercoledì 27 ottobre 2010

Gianfranco Dioguardi: il piacere di essere letti

Non c'è da vergognarsi a dire -da scrittore- che piace essere letti. Non solo citati, ma veramente letti da lettori autorevoli, in grado di spiegare allo stesso autore qualcosa che è implicito nel suo testo, ma di cui non aveva chiara consapevolezza.
E' la sensazione che provo leggendo questo commento al mio libro di Gianfranco Dioguardi.
Mi ritrovo nella sua sintesi delle tesi che cerco di esporre. Ma anche quando sottolinea una mia frase apparentemente marginale: "sui banchetti di libri usati si trovano spesso impagabili perle".
Perché ognuno di noi è allo stesso tempo più persone. Se non fossi anche uno scrittore che scrive d'altro -di cultura e letteratura ispanoamericana, per esempio- non avrei lo sguardo abbastanza libero, non potrei guardare 'da fuori' il mondo del management.

martedì 21 settembre 2010

'Sviluppo & Organizzazione' e gli Studi critici sul management

"I critical studies di management si danno un ordine più sistematico; mentre vi è anche chi, come Francesco Varanini, si esprime in modo più radicale e polemico 'Contro il management". Così scrive Gianfranco Rebora nell'Editoriale che apre il numero 238 (maggio-giugno 2010) di Sviluppo & Organizzazione.
Non c'è da nascondersi dietro un dito, sono membro del Comitato Scientifico della rivista- che ora, con qualche differenza rispetto al passato, per merito di Gianfranco mostra una particolare attenzione per la vita concreta delle imprese e delle organizzazioni. Perché gli studi di management che parlano solo di precendenti studi di management finiscono per essere utili magari per le carriere accademiche, ma irrilevanti per chi non viva nell'accademia.
Così, Gianfranco mi ha chiesto di scrivermi da solo una scheda sui temi trattati nel mio libro. La scheda appare, nel suddetto numero di Sviluppo & Organizzazione, a p. 88, nel quadro di una rassegna bibliografica dedicata agli Studi critici sl management, a cura di Eliana Minelli.

martedì 7 settembre 2010

I manager del disastro

Questa recensione di Giulia Giuliani è apparsa nel numero di agosto 2010 di Mondoperaio, storica rivista di area socialista. Spero che Luigi Covatta, Gennaro Acquaviva, Giovanni Bechelloni e tutti gli altri che conducono attualmente la rivista, si riconoscano ancora nella definizione 'area socialista', e non solo nel sottotitolo 'rivista fondata da Pietro Nenni. Il tempi cambiano, e anche le persone, ma mi pare ci sia in giro una tendenza a rimuovere, piuttosto che a ragionare su passato e presente.
La recensione mi pare proprio ben fatta. Apprezzo l'inizio, autobiografico. "Un'amica di ritorno dalle ferie trascorse in Sardegna proprio in questi giorni mi racconta la delusione provata nel venire a sapere che un maestoso vigneto con la sua storica e suggestiva cantina, che era andata a visitare, sono passati dalle mani degli originari proprietari isolani a un rinomato marchio a livello internazionale di bibite e di aperitivi. In luogo dell'impresa a prevalente conduzione familiare, con un forte radicamento alla terra e alle tradizioni del luogo. la gestione è oggi così affidata ad un'imponente azienda che possiede insediamenti produttivi dislocati in diverse parti del mondo".
Restare legati a ciò che ci dicono amiche e amici è un buon antidoto, forse una pratica indispensabile, se non vogliamo soccombere alle informazioni che ci propina normalmente la stampa, informazioni legate a interessi di lobby e spesso così lontane dalla realtà.
Le ragioni di una famiglia che sceglie di cedere l'impresa sono evidenti e comprensibili. Non si tratta di essere sempre e comunque contro le ragioni della finanza, contro la globalizzazione e l'internazionalizzazione. Si tratta, credo, però, di mantener viva la nostra capacità di pensare in modo 'controfattuale'. Siamo veramente sicuri che la resa a un certo modello economico dominato dalla finanza è inevitabile? C'è qualcuno che ha saputo e voluto continuare con l'impresa a conduzione familiare. E possiamo creare un contesto perché questa scelta risulti meno difficile.

Gli inganni della finanza

Questa recensione di Fabio Ranucci è apparsa il 4 settembre 2010 su Conquiste del lavoro, quotidiano della CISL.
La rassegna del mio testo la trovo precisissima ed efficace.
Mi piacerebbe però che a partire dalle cose che scrivo -che non sono del resto che un riflesso di ragionamenti condivisi da molti- si innescasse una riflessione su come il sindacato si impegna realmente nel promuovere un coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori nella direzione d'impresa.
Scrivo nel libro, nel paragrafo Stakeholder, svegliatevi:
"Vorrei per esempio vedere un sindacato che va oltre la difesa rituale di interessi costituiti, che va oltre la definizione di quadri normativi. Vorrei vedere un sindacato non più solo contropotere, ma invece potere: impegnato nella direzione aziendale, capace di imporre proprie metriche per misurare i risultati e di imporre criteri di ripartizione degli utili. Non ditemi che non si può fare. Prima che il sindacato si affermasse, chi aveva interessi da difendere aveva buon gioco a sostenere che nel panorama sociopolitico non ci sarebbe mai stato spazio per il sindacato."

giovedì 1 luglio 2010

Mi sono trovato a usare, mio malgrado, paroloni, e al contempo mi sono trovato ad usare, per necessità, parolacce

Copio qui la recensione apparsa sul N.6, Giugno 2010, di Scuolanews, network per la conoscenza, newsletter della Scuola Coop di Montelupo (www.scuolacoop.it).

Francesco Varanini, etnografo, scrittore, consulente, ricostruisce la storia del management, a partire dagli anni trenta del novecento. Il manager, affermatosi come figura sociale in grado di conciliare interessi diversi, finisce negli ultimi decenni per badare soprattutto al proprio interesse e per essere l’ambasciatore di un solo stakeholder all’interno delle aziende: Mr Finance, la finanza nella sua forma derivata e totalitaria. Il manager ha un solo padrone, lontano, esigente, diffuso, tentacolare che si individua nella comunità finanziaria ma anche nel direttore della filiale di banca o nel fondo di investimento. La finanza considera l'impresa fatta di persone come una figurina riconducibile a una metrica schematica, fatta di pochi indici di misura, che sono considerati universalmente significativi. Il ragionamento si sposta sulle conseguenza di un tale status quo, che l’autore auspica condurrà alla fine del management per come lo conosciamo. Come sarà fatta la figura che sostituirà il manager? Il meccanismo riduttivo ma se vogliamo efficace di ricondurre il proprio ruolo all'idea di controllo è saltato di fronte ad emergenze incontrollabili: dalla tragedia delle torri gemelle, al pozzo di petrolio che sprigiona greggio senza avere la ragionevole possibilità di un controllo. All’ideologia del controllo e del programma va sostituita la pratica del progetto. Varanini dipinge varie tipologie di manager, senza nascondere le proprie preferenze e critiche. Il testo passa in rassegna anche le storie italiane dei grandi manager che hanno segnato il destino del Paese: da Alberto Beneduce, a Carlo Feltrinelli, ad Adriano Olivetti, a Natale Capellaro. Un testo caratterizzato da spunti storico-filosofici ma anche da scelte di campo nette. “Mi sono trovato a usare, mio malgrado, paroloni, e al contempo mi sono trovato ad usare, per necessità, parolacce.” anticipa al lettore Varanini nell’Introduzione.

sabato 26 giugno 2010

Riflessioni per un manager del futuro. Una conversazione con Francesco Varanini

Ritengo molto interessante questa intervista curata da Fabio Viola, apparsa su On the Move, sezione 'web 2.0' del sito Autogrill.
Certo, direte, il solito narcisismo dell'autore. Ma ripeto, credo che l'intervista sia interessante, e che l'interesse più che alle risposte sia dovuto alle domande - poste con passione e autonomia. A me l'androginous management, definizione sintetica e pertinente di un possibile management del futuro, non sarebbe venuto in mente.

Cito qui solo un brano:

Fabio Viola: Ci sono linee di mutamento che potrebbero ridefinire la figura del manager, inteso come figura capace di guardare in avanti? In tutto il libro lei evidenzia che il manager che abbiamo conosciuto fino ad adesso elabora le sua strategie sulla base di dati e modelli ancorati al passato, non ha quella finestra aperta sull’ignoto che il manager del futuro per lei dovrebbe avere. I requisiti fondamentali per chi dovrà gestire le aziende rete, interconnesse, ubique e impermanenti del futuro, lei dice, sono molteplici, non standardizzabili e centrati sul valore della differenza; basati su un orientamento alla complessità e sull’assunzione di un ruolo di guida, governo e di cura. Ho notato una forte assonanza con quanto dicono i gender studies riguardo agli stili dirigenziali femminili. Il manager del futuro è una donna o dovrà comunque femminilizzarsi, possedere quell’attitudine alle relazioni, ai legami e alla cura e alla responsabilità, attitudine che è socialmente percepita come femminile?

Francesco Varanini: Sì, qui sicuramente siamo di fronte ad una situazione paradossale. Diciamo anche che questa è una grande differenza rispetto agli anni ’30. Negli anni 30 c’erano molte meno donne nel mercato del lavoro, quindi nel bene e nel male era tutto un discorso interno al genere maschile. Con gravi conseguenze negative perché la differenza è fonte di ricchezza.
Ma oggi, quando la metà della forza lavoro, delle popolazione attiva nel mondo del lavoro sono donne, beh... il punto di vista di questa metà sull'organizzazione del lavoro, sul modo fare impresa e di stare in azienda non sappiamo neanche quale è... Sappiamo in ogni caso che è un pensiero diverso da quello di un uomo, e che non è valorizzato.
La stessa complessità che viviamo ci impedisce di sapere prima, in anticipo, quelle che saranno le soluzioni ai problemi che si presentano. Dobbiamo quindi metterci nelle condizioni di scoprire le soluzioni istante dopo istante, affrontando le situazioni che emergono. Il modo di governare del futuro presumibilmente questo. governare.
Eppure restiamo ancorati a questo management maschile, il che vuol dire sprecare la metà delle possibili soluzioni … Non ascoltare la metà delle persone in grado di proporre delle possibili soluzioni di fronte al problema è un gravissimo errore.
Quindi sicuramente la figura che sostituirà il manager nel futuro è sia maschile che femminile, con un momento maschile e un momento femminile e quindi… si va verso un discorso di contaminazione e di multiculturalità.
In questo senso rischia di diventare un limite un discorso legato alla fase di passaggio, nella quale la donna cerca spazi in modelli organizzativi e in modelli di management segnati dall'impronta maschile. E' un passaggio forse necessario, ma che non valorizza la differenza. La differenza si vedrà solo in un management del futuro, che appunto non è né maschile né femminile, un management capace di mischiare tutto un po’, attento alle situazioni emergenti, un management contaminato, meticciato…

F: Un androginous management?

V: Sì.

F: Che fa dell’ibridazione la sua pratica?

V: Sì… proprio! Poi credo che più si va avanti più si vede che il manager è una pratica che ha sempre meno senso teorizzare, perché quest’idea del controllo fondato su un piano fatto prima, questa idea di pianificazione e di programmazione, di fronte a situazioni sempre più incerte, sempre più difficili da leggere unilinearmente, è sempre più fallace.
Perciò il controllo cambia di senso, controllo sì, ma rispetto agli obiettivi che ti dai , rispetto allo scopo… “Dove sono arrivato ? cosa sto facendo per raggiungere lo scopo?” L'aver speso prima tanto tempo nel fare piani è solo una rassicurazione… per qualcuno.

F: Una rassicurazione che dispensa dal confrontarsi con la concretezza del presente…

V: Sì, appunto.

Questi capi sono da bocciare

Questa recensione è apparsa su Panorama Economy, 30 giugno 2010. Dopo averla letta, il mio editore mi ha scritto "non mi aspettavo tu fossi così esplicito sui nomi". Non credo di essere stato poi tanto esplicito, e credo che chiunque, leggendo il libro, ma anche solo le descrizioni dei 'sette tipi di manager'così come le sintetizzo in questo blog (vedi i post dedicati ad ognuno dei tipi), o anche solo leggendo la breve descrizione dei tipi presentata sulle pagine della rivista, credo che in ogni caso ognuno di voi sarà in grado di indicare diversi manager corrispondenti al ognuno dei tipi.
A proposito della recensione, devo aggiungere una cosa: avevo dato alla redazione, come richiesto, alcune mie foto recenti. Ma hanno preferito usare un mia foto di dieci anni fa. Scattata quando uscì Romanzi per i manager. (Su Romanzi per i manager, e i due libri della stessa serie che ne costituiscono il seguito, vedete sul blog Il principe di Condé).
Se proprio volete vedere foto più recenti, guardate qui.