Il manager appare sulla scena all’inizio degli anni Trenta. Tecnico puro, specializzato nella direzione di grandi organizzazioni, gli è affidato il compito di condurre l’economia fuori dalla crisi.
Oggi, in anni segnati da una nuova crisi, ritroviamoil manager ridotto a figura impotente e inutile. Anzi, dannosa. Non più baluardo dell’economia produttiva di fronte alle pretese della speculazione finanziaria, ma all’opposto rappresentante degli interessi della finanza all’interno delleaziende. Non più remunerato in funzione dei risultati produttivi dell’impresa, ma compensato invece in funzione dell’apprezzamento di un titolo da parte della Borsa.
Eppure il manager gode di credito. Anche perchéil ruolo è celebrato da una pseudo-scienza: il management. Guru, Business School, società di consulenza strategica ben poco spiegano di ci che in realtà accade – e anzi contribuiscono a nasconderlo.
Questo libro nasce dall’indignazione. Per lo spreco di risorse, per l’ipocrisia, per il cinismo. Aziende asservite all’interesse privato di chi dovrebbe essere al loro servizio. Il valore misurato con l’unico metro del denaro. Luoghi dove potrebbe sprigionarsi la creatività, dove potrebbe regnare il piacere legato al lavoro, trasformati in deserti affettivi, dove vigono abuso e sfruttamento.
Eppure è possibile immaginare l’azienda come una costruzione comune, dove i diversi portatoridi interessi – chi lavora, chi fornisce risorse finanziarie, i clienti e i fornitori, la comunità locale, la pubblica amministrazione: gli stakeholder, insomma – sappiano accettare la compresenza dei diversi punti di vista.
Per andare in questa direzione c’è bisogno di una nuova figura sociale, ben diversa dal manager che conosciamo. Una figura sociale disposta ad abbandonare astrazioni normative e orientata, invece, a guidare, governare, curare.
La tesi del libro, dunque, si riassume in poche parole: i manager, pianificando e controllando, finiscono per trasformare l’azienda in un pollaio. Un luogo cintato, chiuso. Chiassoso confuso e disordinato. Oppure totalmente assoggettato a procedure: tutti polli in batteria, privati della possibilità di essere se stessi. Per le volpi facile approfittarne. La più abile volpe oggi è la finanza – che, mediante la connivenza del manager, fa dell’azienda terreno di razzia.
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